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passeggiare i suoi per Banchi, con quel fasto e con quella puzza che intenderete, venendo a Roma; m’ha fatto in tanti modi superchieria, senza che io abbia mai messo penna in carta, né pur aperto bocca: quando ho poi cominciato alla fine a parlare e consentire che si scriva, gli par che non si faccia a buon giuoco. E perché non s’imputi alla sua maledicenza, egli, o altri per lui, per giustificamelo, fra gli suoi scritti, mandano queste parole a torno: «Annibai Caro, vedute l’accuse della sua canzone, disse: — Quando

10 ebbi fornita la canzone accusata, io m’imaginai quello che averrebbe e che ora veggo avenuto, cioè che alcun grammaticuccio ignorante, non intendendola, ciancerebbe. E per ciò vi feci sopra un commento. — E rivoltosi a colui che gli aveva mostrate l’accuse, disse: — Te’ questo commento — il quale intanto s’aveva tratto di seno, — e mandalo a quel cotale ignorante grammaticuccio; e mandagli dicendo da parte mia che quinci impari quello che non sa. — Dalle quali parole Lodovico Castelvetro sentendosi trafiggere e sprezzare, scrisse dal principio del commento predetto, mandatogli con la predetta imbasciata, le cose che appresso seguiranno».

Se queste parole possono esser uscite di bocca mia, lo lascio a giudizio di tutti che mi conoscono; e se c’è persona che me l’abbia intese dire, io non voglio mai piú parlare. E non solamente queste parole non sono state dette, ma questo fatto di^ mandarli

11 commento e di cavarmelo di seno, non fu mai. Voi m’avertite, nella vostra, che io non creda ogni cosa ad ognuno. Rispondo che da quel ch’avete inteso potete comprendere che io non ho creduto se non agli suoi scritti. Se egli ha creduto.a chi gli ha dette queste parole di me, l’inganno è degli amici suoi, e la leggierezza è di lui stesso. Né per questo si può scusare la sua maledicenza; perché, quando fosse pur vero ch’io avessi ciò detto, quanto a me sarebbe giusto risentimento, e quanto a lui, non fa leggitima scusa, con ciò sia che questo, ch’egli medesimo dice esser seguito poi, non lo possa scusare dell’ingiuria che m’avea fatta prima. Ora la cosa è tanto oltre, che bisogna mandarla al palio. Egli ha fatto publicar le sue ciance per tutti gli studi d’Italia: per questo non posso mancare di consentire che si risponda. Se gli pare che non si faccia con quel riguardo ch’egli s’ha presupposto che ’l mondo gli debba avere, impari a non farsi beffe degli altri e non presumer tanto di sé. So che non è bene d’andar per bocca, come voi dite, de’ plebei; ma come ho da fare, se egli mi ci ha messo per forza, e se fa ogni cosa per andarvi ancor esso? Vedete che