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ho fatto mai professimi di poesia, ancora ch’abbia composti alcuni versi. Ma il modo tenuto da questi tali era molto fastidioso. Non prima capitava in Banchi, che mi sentiva zuffolar nell’orecchie di queste e di simili voci, ed anco piú impertinenti e piú maligne. Cori tutto ciò, non è persona che possa veramente dire che io ne parlassi altramente che se come non le curassi; e tanto piú, quanto

10 non sapeva da chi la censura si fosse uscita, e le molte brighe ch’io ho, mi fanno pensare ad altro che a queste fole. Cosi me la passava, quando mi fu detto che ’l censore era stato il Castelvetro, del quale (se bene io non aveva notizia) mi fu però detto che faceva professione d’un gran letterato, e mi fu accennato che l’avea fatta studiosamente per ismaccarmi. Non lo credetti, parendomi strana cosa che un uomo, che per tale si reputasse, uscisse cosi de’ gangheri. Pur ne fui chiarito, e per lettere di Bologna n’ebbi riscontro. La qualitá della persona mi fece piú pensare al caso; e nondimeno per molti altri giorni non feci altro che ristringermi nelle spalle. I tentennini non desistevano però di domandare quando si risponderebbe. Intanto comparse un’altra censura, che ’l medesimo avea cominciata contra al commento della detta canzone; il quale avete a sapere che fu scritto da un mio amico, considerando che, avendosi quella composizione a mandare in Francia, non sarebbe da ognuno cosi bene intesa, come a lui pareva che si dovesse intendere. È ben vero che, domandandomi

11 mio concetto sopra d’essa, io gliene dissi. Contra questo commento, essendoli dato a credere che fosse assolutamente mio, egli fece quest’altra censura, ch’io dico, sopra la prima stanza, publicata alla scoperta per sua. Appresso ne venne un’altra e un’altra, infino a sei o sette, pigliandola con me ancora nelle cose che non son mie. Tanto che m’ha rotto di molte lance a dosso, prima che io mi sia mosso, come quelli che, vedendosi correre il campo per suo, s’era assecurato che non gli si rispondesse per paura e per la molta openione che si avesse della sua dottrina. Voi vedrete le cose che gli sono uscite della penna, e con quanto veleno e con quanta immodestia l’ha scritte. Io, perché non ho tempo d’attendere a queste trame, perché son della natura che sapete e perché conosco, per le ragioni che voi dite, che queste cose s’hanno a fuggire, l’ho fuggite e dissimulate pur troppo. Ma, vedendo alla fine una tanta persecuzione, non ho potuto non mostrarne risentimento. Tanto piú che, consigliandomene con molti amici miei, uomini gravi e rimessi piú tosto che altramente, mi mostravano