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VII
Di piu lingue aspe e scorpio di piú code, idra di mille teste e d’una tale, che latra e morde, e come sferza o strale incontr’a Dio par che s’aventi e snode.
Chimera di bugie, volpe di frode, corvo, nunzio e ministro d’ogni male: verme che fila e tesse opra si frale, che l’aura e ’l fumo la disperge e rode.
Scimia di sangue putrido e di seme d’orgogliosi giganti: e vero e vivo crocodilo, che l’uom divora e geme.
E quanto aborre e quanto ha ’l mondo a schivo sembra ed è veramente, accolto insieme, il mostro di ch’io parlo e di ch’io scrivo.
Vili
Il mostro di ch’io parlo e di ch’io scrivo, di nessun pregio e di perduta speme, non potendosi alzar s’altri non preme, spregia e spegne i mortali e sé fa divo.
Servo di vile affetto, fuggitivo e rubel di virtú, ben sei d’estreme tu pene reo; ben chi t’onora e teme, d’onore indegno e d’intelletto è privo.
Qual, tratto dalle stalle e dalle tane e dal suo fango, in ciel ripose il mago Nilo un cercopiteco, un serpe, un cane;
tale, e piú fero e di piú sozza imago, con ceraste d’intorno orride e strane, la nobil Secchia ara per nume un drago?