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cosi mi pareva che, di gheppi e di piche eh’erano prima, a poco a poco in colombe ed in cigni si trasformassero: vidi appresso che ’l prato, dove cadde, era pieno di pulici, di cimici, di scorpioni, di tarantole e di cotali altre bestiuole velenose e moleste al genere umano; ed anco queste a poco a poco fra herbe e fra le fessure della terra si nascosero. Considerate poi le ruine del castello, di tante meraviglie che vi si vedevano da lontano, nulla cosa vi si trovò di notabile, salvo che le sue mura di fuori erano coperte d’una moltitudine di titoli di quante opere furono mai, sopra quante scienze si truovano e di quante lingue ci sono in notizia: ma, cercandosi poi dentro fra tutte le sue rotture, a stanza per istanza, o vote tutte, o piene solamente di ragnateli, di spugne, di pomici, di gallozzole, di vessiche, di piume e di simili leggierezze e d’ogni sorte di spurcizia si trovarono; e gli ornamenti, che da basso di statue, di storie e di vari compartimenti parevano a vederli, riuscirono schiccheramenti di lumache, schizzate d’uccelli e raunate di brutture di tutti quelli animali che si son detti. Era il fumo giá del tutto smaltito, quando d’una buca, dove la ròcca era stata di quel castello, si sentirono alcuni dibattimenti, con un certo soffiare, che ne diede da credere che qualche strana bestia fosse quella che dentro vi stesse. Corsero tutti per chiarirsi di quel che fosse; e tosto che ’l viddero, dopo le meraviglie e le risa che ne fecero, si diedero tutti in un tempo a cantare: ■

O muse, o Febo, o Bacco, o Agatirsi

correte qua...

Ma che credete voi che fosse, se Dio vi guardi? Un drago? un basilisco? un crocodilo? Nessuno di questi. L’orco? la versiera? la befana? Manco. Che cosa era adunque? Il diavolo? A punto non v’apporreste mai. Ve lo voglio descrivere: un certo animale, con due piedi, con due ali, con due corna, con un becco torto, con un capo grosso, con un barbon bianco, con certi occhi grandi, lucidi come d’oro; scodato, gonfio, petturuto; di figura c’ha piuttosto del tondo che altramente; simiglia a civetta, se non che è piú grande di lei; canta «cu cu», e va di notte: balocco,