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d’ogni cosa intorno ai lochi, che particolarmente si son toccati. Solo mi resta a rispondere, in generale, a certe scuse magre, che fate per giustificare le vostre prime opposizioni; percioché, parendovi pur maligne e impertinenti di lor natura, volete che non siano tenute per tali per le circostanze, dicendo che si fecero in questo proposito di confutar l’openion di coloro, i quali, parlando di questa canzone, asserivano che, «se al Petrarca si fosse porta cagione di farla, non l’arebbe fatta altramente»: quasi dichiarando che voi non abbiate voluto dire che sia mal fatta assolutamente, ma che ’l Petrarca non l’arebbe fatta cosi, come quelli tali dicevano, e che non arebbe usate quelle parole né quelle maniere di dire, che sono state notate da voi. Conosco che vi par d’aver mal saltato la prima volta; ed ora, volendo fare un altro salto, fate un capitombolo, percioché, cacciandovi il capo fra le gambe, vi voltolate, senza tornare altramente in piedi. E che sia vero, la prima cosa, questo proposito s’è rimaso in capo a voi. Ma facciamo che si vegga ancor nel buio del vostro cervello: meritatene voi per questo o piú lode o manco biasimo? Non vedete che v’andate aggirando per cader nel medesimo, o in peggio, o in nulla? Le cose usate dal Caro sono bene o male usate? Se bene, perché le riprendete, e cosi velenosamente, come fate, ancor che siano diverse da quelle del Petrarca? Se male, che importa che l’abbiate riprese piú in questo proposito che in un altro? La proposta di quei tali che voi dite e la vostra risposta sono fuor di proposito e impertinenti a ogni modo, e mi fanno ricordare, dal canto loro, di colui che mungeva il becco e, dal vostro, di quell’altro che vi parava il crivello: proponendosi e rispondendosi dall’una parte e dall’altra cose vanissime. Perché non si può dire, né che ’l Petrarca avesse fatta questa canzone nel medesimo modo a punto, né anco che ’l Caro abbia mal fatto a farla altramente, essendo il campo della poesia tanto spazioso, ed avendo ciascuno il suo genio di dire; ed essendo le parole, con che si dice, e l’arte, che insegna di comporle, con tanta larghezza ristrette e communi a tutti, per modo eh’una materia stessa si può da diversi, e anco da un solo, bene e male scrivere,