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Open standard e brevetti 97

poi l’idea diventa “di pubblico dominio” e chiunque può praticarla commercialmente. Questo connubio tra la fase di privativa e la fase di pubblico dominio è importante, senza l’una non potrebbe esistere l’altra. Per ottenere questo risultato, una delle condizioni per ottenere il brevetto è quella di compiutamente descrivere l’invenzione, ovvero come è stato risolto in modo innovativo un determinato problema, cosicché un esperto del ramo sia in grado di riprodurla solo leggendone la descrizione. Brevetto e segreto sono incompatibili (in teoria) perché l’invenzione deve entrare nello stato della tecnica.

La limitazione temporale è chiara, ma anche quella sull’oggetto lo è, nella teoria economica. Concentrandoci solo sulla parte che è rilevante al nostro discorso, il fatto che la protezione sia limitata solo alla parte strettamente necessaria a praticare in pace la propria invenzione e nulla più, ovvero non sia debordante (“overbroad”) serve allo scopo di incentivare l’ulteriore innovazione. Se il primo arrivato fosse in grado di ottenere il monopolio su tutto ciò che ha a che fare con la propria invenzione, ben difficilmente un secondo inventore investirebbe nello stesso campo, sapendo di essere alla mercè dell’arbitrio del monopolista.1

Il gioco concorrenziale che (teoricamente) si crea è anch’esso (sempre in teoria) semplice. Chi volesse fare concorrenza a Tizio ha due strategie fondamentali: pagare il permesso (= licenza) o trovare un altro modo di praticare la stessa invenzione (“to invent


  1. Cosa che accadde ed è molto studiata nel caso dei brevetti di Watt sulla macchina a vapore. Per approfondimenti, si veda il lavoro di Michele Boldrin e David K Levine “Against Intellectual Monopoly” Cambridge University Press 978-0-521-87928-6. L’introduzione è disponibile tramite il MISES Blog https://mises.org/library/james-watt-monopolist.