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standard e open standard, il diavolo nei dettagli 85

lite satellite (DVB), via satellite (DVBT) è tutto uno standard; se guardiamo un filmato su Youtube, pure quello è uno standard (anzi due, uno per il video e uno per l’audio, anzi, tre, uno per il contenitore, WebM, anzi quattro, perché il se e il come il filmato viene mostrato dipendono da un altro standard, HTML, e così via).

C’è standard e open standard

Chi fa gli standard? Fornire una risposta a questa domanda è praticamente impossibile. Abbiamo standard formali e standard informali (la posta elettronica e molti degli standard di Internet sono delle RFC, mai adottati formalmente e gestiti in larga parte dall’IETF1). Esistono poi enti di standardizzazione formale “istituzionali” a livello nazionale (ad esempio UNI in Italia, DIN in Germania, BSI nel Regno Unito, ANSI negli Stati Uniti), a livello europeo (ETSI, CEN), e internazionale (ISO, ITU, IEC). E poi vi sono quelli su base consortile (OASIS, ECMA, Bluetooth, W3C). Un bel guazzabuglio.

Ma a noi, in questa sede, non importa più di tanto come gli standard sono formati e da chi (se non quando succede un problema, come vedremo poi con il famigerato OOXML). Ci importa sapere cosa accomuna gli standard. Tutti gli standard, ufficiali e formalizzati (de jure) o non ufficiali e informali (de facto) si caratterizzano per essere una norma, e infatti un sinonimo dell’attività di creazione degli standard è “normazione” e così si specificano gli enti che se ne occupano. Si tratta di un norma di per sé non cogente, se non quando vi fa espresso riferimento una legge o un atto normativo dello Stato o internaziona-


  1. https://ietf.org/.