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brevi cenni sull'universo (aperto) 23

in teoria impossibile,1 in altri casi è estremamente difficile e in molti di più richiede uno sforzo positivo notevole.

Regna sovrana in tale ambito la licenza, che è lo strumento con il quale chi è titolare di diritti di privativa concede ad altri il permesso (licet = è consentito) di usare l’oggetto della privativa in modo che altrimenti sarebbe riservato. Il primo, e in molti casi l’unico, modo per giudicare se qualcosa sia “open” è infatti verificare se chi ne ha i diritti abbia apposto una licenza che consenta agli altri di usare liberamente l’oggetto del rilascio. È una licenza particolare. È gratuita, mentre “tradizionalmente” la licenza è a pagamento. È pubblica (nel senso che è rivolta a tutti i potenziali utilizzatori-licenziatari), mentre tradizionalmente è individuale. È estensibile da chiunque la riceva dal primo percettore verso chiunque altro, mentre tradizionalmente è intrasmissibile o è trasmissibile solo a patto che chi la cede se ne spogli.

Semplice vero? Per nulla.

Il concetto di “open” va valutato sotto molti profili, e non sempre gli stessi principi valgono per tutti gli ambiti e per tutti i diritti di privativa. Se un bene immateriale è protetto dal copyright, è sufficiente ottenere il permesso da chi ne detiene i diritti – grosso modo da chi ha realizzato l’opera – per essere (ragionevolmente) sicuri di essere in un terreno libero. Se è in un ambito protetto da brevetti, la cosa si compli-

  1. Proprio mentre correggo le bozze di questo capitolo entra in vigore la modifica della Legge sul Diritto d’Autore italiana, che all’articolo 73 comma 3 prevede l’irrinunciabilità del compenso economico per alcuni usi relativi ai diritti di interpreti ed esecutori dei fonogrammi (sic), il che significa l’impossibilità di avere una licenza libera come le Creative Commons su un brano musicale registrato.