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introduzione 19

tilizzo di beni intellettuali altrui. Anzi, il concetto di “bene intellettuale” non esisteva, non esisteva dunque neanche il concetto di “bene intellettuale altrui”.

Addirittura, nel sistema delle botteghe, neppure il diritto morale di essere riconosciuto autore esisteva, le opere erano naturalmente collettive. Se poi uno voleva dipingere un San Sebastiano o una Deposizione dalla Croce, lo faceva prendendo a modello, molto spesso sostanzialmente copiando, pezzi di lavoro di qualcun altro. Se uno voleva creare un tessuto identico a quello visto in un viaggio nelle Fiandre, lo poteva fare, se ne era capace. Il rinascimento nacque così, senza copyright, senza brevetti, in parte senza marchi, senza design, senza diritti sui generis, senza modelli di utilità, eccetera eccetera.

È solo con l’invenzione e la diffusione della stampa a caratteri mobili che si affronta per la prima volta il problema derivante dal fatto che un rilevante investimento, come quello effettuato per l’edizione di un libro, possa venire appropriato da qualcuno che si limiti a copiarlo, con poca spesa. Con la riduzione dei costi di stampa, si rende per la prima volta palese il valore “intellettuale” di creazione dell’opera rispetto al costo materiale di produrre il singolo esemplare. Prima, hai voglia copiare Leonardo o Raffaello dipingendo come Leonardo e Raffaello! Ecco che nasce il “copyright”, con lo Statute of Anne (1709-10), che mira a proteggere il diritto dello stampatore sulla possibilità di trarre copie dei libri (ecco perché copy-right).

Ma per le altre opere dell’intelletto, come ci si faceva a proteggere? Se si inventava il modo di rendere la terracotta più leggera, più bella, più resistente, più bianca, come fare a non consentire ad altri di produrla “rubando” l’idea? Semplice: si teneva la cosa segre-