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API e nuvole, la faccia chiusa del web 137

programmi statistici sviluppati per SAS dagli utilizzatori (dunque non materiale di SAS) potessero essere utilizzati in modo corretto nel programma concorrente. Sostanzialmente la stessa cosa che vuole fare Samba: raggiungere quel livello in interoperabilità che si chiama “drop-in replaceability”, cioè la capacità di prendere un pezzo del sistema, rimpiazzarlo con un pezzo diverso, senza che nessuno se ne accorga.

La stessa cosa che facciamo quando una lampadina si rompe e la rimpiazziamo con un’altra: il risultato è luce, perché la seconda ha lo stesso passo, usa la stessa tensione e frequenza dell’altra.

La sentenza della Corte è stata appunto nel senso di consentire questa ricostruzione, nonostante nell’implementare i protocolli il concorrente abbia dovuto riutilizzare un “dizionario” di variabili e costrutti identici a quelli di SAS, i quali, visti da soli, sarebbero stati da chiunque considerati proteggibili. Tuttavia, in quanto usati come interfacce, essi sono stati considerati non oggetto di copyright. Simile sembra poter essere la situazione giuridica delle interfacce negli Stati Uniti, solo che in quel sistema si giunge a situazioni simili attraverso il fair use right, il quale (è una sottigliezza importante) è una causa di giustificazione per qualcosa che altrimenti sarebbe una violazione, non è né una condizione di esenzione dal copyright (come in Europa), né un uso libero. Questa differenza è importante ed è al momento in cui scrivo discussa nel caso Oracle v. Google 1 sulla reimplementazione in Android delle interfacce e protocolli di Java (e delle relative librerie). Pur essendo la norma, ai fini pratici, sostanzialmente identica, il grado

  1. https://en.wikipedia.org/wiki/Oracle_America,_Inc._v._Google,_Inc.