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Brevetti e software:per chi suona la campana? 119

cui si dà solitamente una descrizione funzionale ad alto livello) non è possibile sapere in anticipo con un sufficiente margine di sicurezza cosa sia brevettato e cosa no.

Tutto ciò crea incertezza e frena l’innovazione.

È tutto?

La concurring opinion analizzata è sicuramente l’atto di accusa più autorevole contenuto in un atto ufficiale di un giudice chiamato ad applicare le norme sui brevetti. Non sviscera interamente l’intero parco delle critiche che si possono muovere ai brevetti sul software, ma vi assesta numerosi colpi che potranno in futuro essere colti da altri giudici per scardinare un sistema malato, una volta per tutte.

Il punto più importante è comunque colto: il software è un ambito in cui si aveva da tempo una forma di protezione ben più che sufficiente a creare un’intera industria, come la storia fino alla fine degli anni 90 dimostra, prima che nell’equazione venissero calati i brevetti. Questa protezione consente di remunerare chi si impegna a realizzare qualcosa con importanti investimenti e creare qualcosa di valore per il mercato, dopo che l’investimento è stato fatto e un “prodotto” è sul mercato. Qualcosa che consente di creare il fenomeno più rilevante e sconvolgente degli ultimi trent’anni: il software libero/open source. Questa protezione è il copyright, pur con tutti i suoi difetti. Soprattutto, siccome il sistema di proprietà intellettuale trova la sua ragion d’essere nel fornire un incentivo all’innovazione, i cui vantaggi per la collettività superano l’inconveniente di fornire un piccolo monopolio, non vi è un’analisi seria e convincente (o