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104 Open source, software libero e altre libertà

genericità di tale affermazione è tale da frustrare sin dall’inizio ogni velleità di contestarla, se non in alcuni casi.1

Il fallimento di tale gioco può avvenire però quando uno o più titolari di brevetti non siano, almeno formalmente, coinvolti nelle attività di standardizzazione, e dunque non risultino vincolati dalla dichiarazione effettuata all’ente standardizzatore. Nel caso Rambus,2 la società è stata accusata di “patent ambush”, ovvero di aver teso un’imboscata, facendo sì che lo standard implementasse una sua tecnologia, per poi imporre royalty eccessive per il permesso di praticarla, senza che contro di essa fosse invocabile un obbligo RAND. Ma anche nel caso in cui un soggetto abbia effettivamente sottoscritto le condizioni RAND, vi sono spazi per abusi. Un caso piuttosto chiaro (e che richiama il caso Apple v. Motorola) mi è capitato recentemente; ve lo racconto di seguito.

Un noto standard, in cui si è formato un altrettanto noto patent pool, licenzia più di un migliaio di brevetti per una cifra poco più che simbolica (pochi centesimi a copia, con un’esenzione per un primo quantitativo annuale di copie); un noto operatore ha chiesto a un mio cliente il pagamento di una somma non molto differente per meno di una decina di brevetti. In difetto di una prova convincente, è abbastanza difficile pensare che quei brevetti valgano ciascuno


  1. Esemplare il caso Apple v. Motorola. Una buona fonte per approfondimenti è la pagina di Wikipedia: https://en.wikipedia.org/wiki/Motorola_Mobility_v._Apple_Inc. Un’altra buona fonte è, a cura della Direzione generale antitrust della Commissione Europea, Standard-essential patents, in Competition Policy Brief, Issue 8, June 2014 http://ec.europa.eu/competition/ publications/cpb/2014/008_en.pdf.
  2. Vedi il già citato paper della Commissione nelle note precedenti.