Pagina:Carlo Piana - Open source, software libero e altre libertà.pdf/101


Open standard e brevetti 101


Si è da varie parti evidenziato, infine, come nel software la parte inventiva sia ridicolmente meno importante della parte di esecuzione (sviluppo, testing, supporto), nel valore delle singole applicazioni, e spesso i brevetti sono un artefatto postumo, ricavati ex post da ciò che si è realizzato, senza precisi e separati sforzi di ricerca, ma solo di sviluppo, sforzi per giunta non dedicati tanto all’innovazione, quanto all’applicazione in sé, tanto alle parti innovative quanto alle parti non innovative.1

Entrino gli standard (nel software)

Se nella teoria classica il concetto di invent around è importante, nella realtà la possibilità di ricorrervi è molto minore di quella teorica. Cosa succede se tale possibilità è inesistente? Se vi fosse un impedimento assoluto ad aggirarli, non avremmo dato un eccessivo potere ai singoli brevetti? Cosa sarebbe della limitata concorrenza che il sistema brevettuale pur concede, al fine di non concedere la possibilità di innovare solo al primo venuto? La teoria economica alla base dei brevetti, verrebbe di sicuro a cadere.

Questa situazione avviene quando una tecnologia brevettata entra in uno standard.

Una volta che uno standard è stato creato e diventa di fatto inevitabile, ecco che la teorica possibilità di aggirare l’ostacolo viene meno. L’alternativa, cioè

  1. Una posizione simile è quella di Richard Posner, Scuola di Chicago, dunque liberista ed estremamente pro-market, in Do patent and copyright law restrict competition and creativity excessively? Posner, Becker-Posner Blog http://www.becker-posnerblog.com/2012/09/do-patent-and-copyright-law-restrict-competition-and-creativity-excessively-posner.html.