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a loro malgrado verso la via dell’aperta ribellione.

Quella che doveva essere secondo i loro piani una meditata e lenta preparazione delle loro forze, ben fasciata di mistero fino al giorno ancora lontano della riscossa, s’avviava a mano a mano verso una prematura fase di vivace attivitá. Codesto precipitar delle cose era biasimevole assai, perché poteva riuscir funesto non solo a loro stessi, per castighi e condanne, ma anche all’idea cui dovevano un giorno servire con una improvvisa ed inaspettata esplosione di tutte le loro forze.

Ma era difficile lottare contro quella corrente che li travolgeva.

Nella scuola le cose s’ingarbugliavano. L’ambiente diventava sempre più ostile. Qualche professore da un po’ di tempo aveva preso a odiarli, specialmente quelli delle materie più ostiche: chimica per Renato, latino e greco per Gino.

Era poi naturale che più il professore li odiava, più aumentasse la riluttanza a studiar la sua materia.

Un vago sospetto che, per avventura, le cose stessero diversamente e che tale illazione fosse da porre, sí, ma in senso affatto opposto, era stato da loro immediatamente rigettato come cosa evidentemente assurda. Puzzava troppo di «raccontino morale».

Odioso lo studio; odiosi i professori, che non ánno né fantasia, né giusto metodo, né comprensione della vita com’è — e tanto meno di quel che