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viii due pagine autobiografiche


Così scivolando e inerpicandoci, io facevo discorrere mio padre di Napoleone e di battaglie, perchè molto mi piacevano que’ racconti, e perchè sapea di fargli piacere a toccar que’ tasti: tanto che si giunse al monte di San Giorgio; un paesello, là, sul colmo, come le antiche cittadette nell’Umbria e nel Piceno, con la sua vecchia chiesuola nel mezzo, con le casupole stipatevi intorno; povero ma pulito, fecondo di lastre e di vigne, ricco di memorie romane e longobarde.

Ivi, al pendío, ci sedemmo sopra una pietra che dovea essere un pezzo d’ara romana, rimanendo in silenzio, non tanto per la fatica della strada, quanto per la magnifica scena, che ci si spiegava davanti.

La vista difatti era stupenda. A destra una serie di colline, brune in sull’alto di roveri, pallide d’ulivi alla pendice, co’ suoi paesetti qua e là raggruppati o sparsi; con le sue mille case bianche, quali esposte al sole, come pannolini della lavandaia, quali velate da qualche frutto, che faceano capolino fra un albero e l’altro a guisa di bimbe che giuocano a capo-nascondersi. Davanti un’altra serie di colline minori color viola, che si disegnavano con linea serpeggiante sull’acqua del Garda, piana, lucente, sulla quale vedevi girare