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18 al mare jonio

Terribilmente soverchiâr le schiene
D’improvvisi elefanti, onde paura
Torse in fuga i Romani innanzi a Pirro,470
Quell’ampie chiane di cotanti uccisi
Morte covrì, che il vincitor fremendo
A la vittoria maledisse. I fiumi
Menar sangue. A la notte, in mezzo al campo,
Del Molosso lo spettro alto vagava475
Chiuso in armi corrusche; e, sogghignando
Su tanto fior di gagliardia mietuto,
Il proprio fato ricordò, quand’egli
Fra le correnti del fulvo Acheronte,
Imprecando a quel dì ch’ei piantar volle480
In paese non suo l’asta guerriera,
Sotto al brando Lucan cadea trafitto,
E giù da le cruente acque rapito
Appo le porte d’Eraclea festante
Lutulento cadavere percosse.485
Ed, ahi, que’ campi depredò crudele
Il clamoroso Saraceno, ed irte
Minacciose castella in quella vaga
Classica sponda fabbricò lo Svevo,
Ed il Normanno dissetò nel Brada490
I suoi negri cavalli. Indi la fame,
I tremuoti, le pesti, il tempo in muta
Deserta landa converser quell’alma
Popolosa contrada, unica al mondo!