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XXXVIII prefazione

sempre continuato ad affermare se stesso. E già nella maggior parte dei versi del Sole, specialmente in quelli scritti dal 1848 in poi, è manifesta, e, direi, viva e parlante una perfetta fraternità di affetti e di sembianze, che non sarebbe possibile se nel loro autore non ci fosse stata unità di coscienza poetica. I criteri qui tenuti dal De Sanctis sono tali che, applicati a rigore, varrebbero a toglier pregio anche a quei poeti non sommi, ma sempre insigni, i quali, pur non arricchendo di nuove immortali creazioni il regno dell’arte, poterono e seguono a potere non poco sul cuore degli uomini.

Del resto, nel sommo interprete della nostra letteratura la teoretica severità fu come vinta in questa occasione da un finissimo sentimento d’arte, per il quale egli giunse ad affermare che il Sole ha pur brani di vera e nuova poesia. E anche così, non sarebbe poco. Perchè, di quanti altri che abbiano scritto versi potrebbesi dire altrettanto? A quanti, anche fra i più celebrati in vita, è poi consentito di lasciare al mondo una pur piccola orma di se stessi? Nè inutile è il notare che il De Sanctis medesimo avrebbe,