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prefazione XXXVII

parrebbero avergli dovuto impedire una maniera tutta propria di ritrarre i moti del cuore e gli aspetti della natura.

Ma qui mi accorgo che, così dicendo, mostro di non concorrere del tutto nell’opinione del De Sanctis, a cui non parve che il nostro poeta avesse avuto un contenuto e una forma di arte tutta sua1. Certo il grande Maestro fu in questo un po’ troppo severo. Dal solo fatto che quasi tutte le liriche del Sole furono di occasione e quasi tutte ritrassero impressioni varie, rapide e mutabili, non si potrebbe davvero inferire ch’esse non fossero poesia vera e altamente ispirata. Tanta parte dei più sublimi componimenti poetici di ogni tempo, dalle odi pindariche al «Cinque maggio», furono di occasione; e, in ogni modo, la mutabilità di concetti e di forme non esclude che per entro gli uni e le altre si possa trovare qualche cosa di proprio e di costante onde il poeta abbia

  1. Lezioni sulla Letteratura in Napoli, fatte l’anno 1873 in questa Università, raccolte con molta diligenza dal chiaro prof. Francesco Torraca, e pubblicate in appendice del giornale Roma. Nei numeri 2, 3, 9 e 10 marzo dell’anno medesimo sono le lezioni XII e XIII che riguardano il nostro poeta.