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XXVIII | prefazione |
paesaggio medesimo esce come un caldo soffio di voluttà; e intorno al giovane e alla fanciulla, con la quale, abbracciato dentro una barchetta, egli percorre il mare, tutto par che frema di amore e alle interne fiamme aggiunga nuovo alimento. Ne rimase come una visione divina al poeta, che la ricorda poi alla stessa donna amata:
Io del mio braccio ti cingea la vita,
Tu su l’omero mio ti abbandonavi,
E tutta in vaghe fantasie rapita,
Cieli ed acque miravi.
Dei tuoi capelli il fulgido tesoro
Scotean, come per vezzo, a ciocca a ciocca
L’aure marine, e mi velavan d’oro
Profumando la bocca.
Non ci sembra poi che abbiano lo stesso pregio di questa poesia amorosa quegli altri
vesse farne parte anche la poesia: Torre del Greco, che qui abbiamo posto fra quelle due (pag. 175). — Aggiungiamo che i componimenti citati in questa nota, come quasi tutti gli altri non compresi nelle due raccolte del 1848 e del 1858, li abbiamo avuti, parte stampati in vari giornali e parte in copia manoscritta, dal bravo giovane Paolo De Grazia, già studente della Facoltà di filosofia e lettere nell’università napoletana, ed ora insegnante nel Ginnasio di Acerenza in Basilicata. Anche dal De Grazia ci vennero molte notizie bibliografiche che ci occorsero per il presente lavoro; ed ora di tutto ciò vogliamo cordialmente ringraziarlo.