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270 il cantico de' cantici

diffinirsi. In alcuni luoghi tutto il languore, tutto il vezzo, tutto l’abbandono d’un affetto confidente e dirò quasi infantile; in altri l’impeto, la veemenza dell’amore in tutta la energia della gioventù. Or questa musica arcana io ho creduto ritrarre colla qualità del verso e del ritmo per me adottato.


VI


E dacché, pure ora mi venia fatta menzione del senso mistico, non tacerò come si sarebbe voluto che io lo avessi fatto sottosopra trasparire nel mio volgarizzamento, recandomisi all’uopo degli esempii. Senonchè gli uffizii del traduttore sono essenzialmente diversi da quelli dell’espositore: confonderli è vituperarli entrambi, segnatamente in proposito della Cantica. I misteri in essa adombrati sono infiniti, e ben si avvisò chi paragonava questo picciol libriccino a quel tale granello di senapa mentovato dal Vangelo. Davvero che non so come in una versione poetica si possa illustrare, anche leggerissimamente, un libro, il quale quanto più è breve tanto più riusciva difficile a S. Girolamo, che, come ognun sa, era sì largamente fornito di lettere orientali. Io non dovea che letteralmente tradurre; io non dovea che rendere la forma estrinseca della Cantica; ed a questo, quanto seppi, attesi, tranne che in qualche luogo ho dovuto arrendermi all’autorità di persone onorande e piissime.

Che se poi avesse a parere a taluno che una traduzione letterale del Cantico de’ Cantici potesse riuscir pregiudizievole, io ricorderò certe parole di S. Agostino,