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il cantico de' cantici 263

David colla straordinaria rattezza della sua Lirica ispirata, e dirò quasi guerriera, accenna e passa: Salomone delinea, feconda e incarna soavissimamente: in uno il concetto è più concentrato e dinamico; nell’altro più diffuso e luminoso: sicché chi volesse considerarli dal lato umano ed artistico, troverebbe in uno il fare di Dante e di Michelangelo, nell’altro quello del Petrarca e di Raffaello: differenza derivata in gran parte dal progressivo mutamento della civiltà nella Corte di Gerusalemme. Ai tempi delle guerre, delle turbolenze e delle conquiste erano sopravvenuti i tempi della pace e della pubblica prosperità. La sapienza era provvidenzialmente succeduta alla spada, la magnificenza e il lusso della Corte alla sdegnosa austerità della tenda guerriera. D’altra parte il popolo ebreo non avea, quanto a carattere nazionale, niente smesso dalle sue tendenze agricole e pastorali. Le sterminate ricchezze e le profuse morbidezze della Corte non aveano punto alterato la sua natura. Il lusso della città non avea potuto nulla sulla ingenuità primitiva, la quale durava tuttavia nelle campagne 1.


III


Il Cantico de’ Cantici, nato in una reggia cotanto splendida, e destinato a vagare sulle labbra d’un po-

  1. Nelle note apposte ad un Poema, che vedrà fra non guari la luce sotto il titolo di Monti Biblici, e precise in quelle che risguardano il 3. Canto (il Libano), avremo a rifarci largamente su queste considerazioni generali intorno al vecchio Oriente, e al popolo Ebreo, le quali vanno ora così rapidamente cennate.