Te, fortissima donna, estinta e bella!
E, quante volte da le Bruzie rupi
Con insania d’amante il guardo intesi245
Lontan lontano oltre i cerulei campi
Di questo mar, come a vederti! E quando
Il sospir del levante il volto immoto
Mi feria carezzando a me parea
Spirar gli effluvii de le tue convalli.250
Benché mai non vi vidi, o sorridenti
Isole Jonie, per magia d’affetto
Tra voi coll’alma errai. Quasi incantati
Riposi, il cielo vi locò fra due
Regioni d’incanti; e sì v’allieta255
D’Omero a un tempo e d’Alighier l’eterno
Numeroso idioma. Erami gioia
Colla mente vagar fra i tuoi boschetti 1
D’aranci e di mortelle, o Scheria, e quivi260
Pascermi di memorie. E tu vedesti
L’infinito dolor dei due più grandi 2
Romani petti, allor che minacciosa
Di Farsaglia la tromba indisse a Roma
I ceppi, e al mondo. Nè di te mi prese265
Men fervida vaghezza, Isola d’oro, 3
Fior del Levante! S’io mertassi ancora
La trista gioia d’esular dal mio
↑Scheria. Corpi, detta altrimenti Depanum, Macria, Corcira, Cassiopea, ecc.
↑Catone e Cicerone s’incontrarono in Corfù dopo la giornata di Farsaglia.