Pagina:Canti (Sole).pdf/269

212 epistola a giuseppe de blasiis

     Mi venia pensierosa innanzi al passo
     E a me del mondo, che perdei, compenso
     Fea d’un mondo ideal. Così le pene80
     Creai di schiava giovinetta e l’alto1
     Suo magnanimo amor, che forse un giorno
     In mille Itali cuori avria svegliati
     Palpiti generosi. Eran recenti
     Gli echi del mondo entro il mio petto ancora,85
     E sulla guancia mi fiorian le tinte
     D’una matura gioventù, gioita
     Tra l’ebbrezza del canto e dell’amore.

Tutto cangiossi in breve, ad uno ad uno
     Mancar quei sogni, e isterilito e grave90
     Giacque il mio spirto e il cor gelido e vuoto
     Dai palpiti ristette, e un infinito
     Tedio profondo e tenebroso avvolse
     Gli ultimi lampi del morente ingegno.
     Or le sventure de la patria affiso95
     Così, come le mie; senza sconforto,
     Senza fremiti d’ira e senza affanno;
     E immemore trascino il fianco infermo
     Per questo suolo memorando. Il primo
     Sospir de’ miei perduti anni, la sola100
     Donna, ch’io tanto amai, pari a lontana
     Eco da vespertine aure rapita,
     Mi si partia da l’alma a poco a poco.
     Che se pietosa vision ritorna

  1. Si allude ad una novella inedita dell’A.