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152 al rosignuolo


E non ti ascolto mai ch’io non rammenti
     I rosei giorni de l’infanzia mia,50
     Quando al suono de’ tuoi molli concenti
     Così dolce la sera a me venia.
     Tremolavano in ciel gli astri lucenti,
     Le sue brune finestre il borgo apria,
     Splendea la luna per gli eterei piani,55
     E i fochi de’ pastori ardean lontani.

Io da le braccia de la madre allora
     Ascoltando il tuo verso entro al giardino,
     Il picciol fratel mio, che piango ancora,
     Credei tu fossi, o caro usignuolino!60
     E a quell’amata ricordai talora
     Rispondesse benigna al tuo latino;
     Ed ella pur fra sorridente e mesta
     Su la mia fronte dimettea la testa.

E come forte piansi e abbrividii,65
     Ai dolci inganni de la nova scola,
     Quando Attica fanciulla in te scovrii,
     A cui l’onor fu spento e la parola!
     Quanto dolor, quanta pietà sentii
     Di te, fanciulla abbandonata e sola,70
     Che presa da vergogna e da spavento
     A la notte fidavi il tuo lamento.

D’allor, se al vespertin raggio cadente,
     Del fiumicel natio lungo la riva,
     Il tuo gorgheggio, o rosignuol dolente,75
     Da l’odorata ombra de’ pioppi usciva,