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     Sul tuo viso ritorni, Ida, la rosa,
     Che bene altre durai fere vicende!670
     Non abbia Osmano a superbir de’ tuoi
     Novi spaventi, che domar non puoi!» —

E l’assecura e sorge; e non appena
     Da lei, che indarno il fermeria, si è tolto,
     Che degli affanni la raccolta piena675
     Disarginata gli rimbalza al volto.
     Come in un ciel ch’or vivido balena,
     Ed or tetro rientra in nugol folto,
     Così vedresti ne la sua sembianza
     Lo sconforto alternarsi e la speranza.680

Concitati, profondi, impetuosi
     Rotano i suoi pensieri in gran tenzone,
     Ma su qual d’essi l’anima si posi
     D’indeclinabil duol trova cagione.
     O dar morte, o subirla, o ingloriosi685
     Giorni raminghi! In questo trivio ei pone
     L’occhio; e qualunque via venga battuta,
     Irremissibilmente Ida è perduta.

Ne le sue sale è già: rapidamente
     Quanto son vaste le passeggia, e freme:690
     Sotto un cedro frattanto Ida dolente
     Rimansi, eppure di dolor non geme.
     O che, vinta dal duol, più duol non sente;
     O che pur le sorride alcuna speme,
     Mesta e serena ell’è, come quell’ora695
     Che il sol tramonta e non è notte ancora.