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Vittoria Colonna. 77


storico e gentile poeta: ma niuno amor terreno potea più su di lei. Vinse anzi al possibile l’affetto che oltre la tomba portava al marito, e che le inspirò tante rime dolenti: e non volle cantar più che il Signore:

L’alto Signor, dal cui saver congionte (congiunte)
Tien due unite nature un sol soggetto
Oggi è ’l mio Apollo e gusto al sacro petto
Del divin Elicona il vero fonte.
Altra cetra, altre Muse, ed altro monte.
Scopre la viva fede all’intelletto:
Inspira l’aura eterna alto concetto
Per far poi l’alme gloriose e conte.
Non spero ornar le tempie mie d’alloro
Nè volar con un vento, onde più d’alto
Abbia a cader nel mio morir secondo;
Spero ben viver sempre e d’altro coro
Aver corona, s’io con leggier salto.
Saprò in tutto fuggir dal falso mondo.


Ma nel desìo della celeste beatitudine rivedea l’immagine di colui che avea adorato in terra:


Pon l’alma omai tanto al tuo regno dentro
Ch’almen lontan la scalde il tuo gran sole
E da vicin quel picciol mio riveggia.


È sì grande la spontaneità e feconda bellezza delle sue rime spirituali, rispetto alla ricchezza e monotonia di quelle In memoriam (poiché ci rammentano per la tenace uniformità le liriche del Tennyson sull’Hallam) che è forza credere