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Difatti egli e due altri Montmorency, il suo figlio Enrico e il visconte Matteo ne folleggiarono. Dei Bonaparte, Luciano, sotto il nome di Romeo, poiché ella si chiamava Giulietta, le mandò un romanzo amoroso: Lettres de Romèo à Juliette par l’auteur de la Tribu indienne. Ella gli rese con bel garbo le lettere innanzi a gente; ed egli continuò tuttavia sotto il proprio nome a far l’innamorato solo. Napoleone I s’accorse di lei ad una festa datagli dal Direttorio il 10 dicembre 1797, quando, essendosi ella levata in piedi a guardare il giovane eroe, coronato delle vittorie d’Italia, sorse, per la divina apparizione, un fremito di meraviglia in tutta l’adunanza. La tentò più volte anche per via di Fouché ed aiutante la buona madama Bacciocchi; ma ella rifiutò di farsi dama di Corte, e invece entrò nella Corte avversa di madama di Stäel; e furono, come si suol dire, una coppia e un paio — l’una mettendo in comune la bellezza e la grazia, l’altra l’ingegno e lo spirito meraviglioso.

Piuttosto si sarebbe piegata al principe Augusto di Prussia, fratello di Guglielmo III, che la amò fin all’ultimo suo respiro; l’amore durò più di trent’anni. Egli la eccitava a far divorzio dal marito e sposar lui — ma ella non volle abbandonare il suo vecchio Titone. Tre mesi prima di morire gli scrisse: Porterò meco nella tomba l’anello che m’avete donato. Châteaubriand a settantanovè anni voleva sposarla per darle il suo nome; ed ella resistè anche a questo lusinghiero onore. E fu l’uomo ch’ella amò più. Un altro suo adoratore, il buono e dotto Ballanche visse dell’aura che movea dal dolce viso di lei, ed ella il trattò con squisita amorevolezza, sebbene brutto e goffo. E nell’ultima ma-