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Giustina Renier Michiel. 157


de’ più bei fiori che le venivano dall’orto di quell’Università, e le sue descrizioni piacevano moltissimo a Melchiorre Cesarotti, che la aveva in singolar stima ed affetto. Se non che gli studi ameni e quieti furono interrotti dal turbine venuto di Francia. La nuova repubblica diè d’urto all’antica e la franse. Nella catastrofe del 12 maggio 1797 la plebe s’avventava al saccheggio, e, ove non fosse stata dispersa, sarebbe passata alle stragi. Ed ella in quel trambusto ben meritò della patria eccitando due giovani patrizi, Tommaso Mocenigo Soranzo e Bernardino Renier, a ripararvi: «Correte, disse loro, correte a salvare la città, poiché non è possibile salvare la Repubblica.» Però, sebbene ne fosse tenera, aveva spogliato i pregiudizi della nascita e dell’educazione, e le nuove idee di eguaglianza la sedussero; onde, anche quando se n’era guarita per le brutte riprove avute dai fratelli di Francia, le rimase il titolo di giacobina. Rinfiammandosi l’affetto per la gloriosa sua patria, si mise allo studio della sua storia; e cominciò nel 1807 con una lettera francese, inserita nel Giornale de’ Letterati di Pisa, a difendere la sua città dalle accuse di Châteaubriand, il quale fra l’altre stranezze diceva, che l’architettura della piazza di San Marco è troppo capricciosa e variata, e l’altra è noiosa, perchè elle est presque toute de Palladio! E in francese scrisse dapprima il suo libro famoso, l'Origine delle feste veneziane, che poi voltò in italiano. Nel 1817 pubblicò il primo volume.

Nel 1823 e 27 uscirono gli altri quattro presso Alvisopoli in Venezia, con la traduzione francese a fronte; e nel 1829 furono ripubblicati in Milano dal Lampato, ma senza il francese e con qualche omissione.