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Tullia d’Aragona. 147


la Tullia e il Benucci. Ella raccoglie avidamente tutte le lodi di che le eran larghi gli ingegni amorosi, e le mette in bocca francamente al Varchi e al Benucci. Questo dialogo fu ristampato in Milano da Carlo Teoli nel 1864.

Scrisse poi un poema in trentasei canti, il Guerino o il Meschino, del quale dicon bene gli storici letterari, ma che noi lasceremo dormire in pace con le ossa della Tullia.

Spese ella le sue ultime lusinghe col duca Cosimo, che chiamava il Numa toscano, esaltando la felicità de’ suoi popoli. Il fatto è che la Leonora Toledo, la duchessa, la protesse ne’ suoi tardi anni, ed ella pagava in adulazioni la sua riconoscenza.

Non si sa chi fosse il suo marito, del quale parla il Zilioli. Non si sa neppure l’appunto della nascita e della morte. Ella fioriva, nota il Mazzucchelli, nel 1550. Il Zilioli dice che non arrivò all’ultima vecchiezza, siccome Pietro Angelio da Barga, valentissimo astrologo, forse per acquistar seco qualche grazia, le aveva ampiamente promesso.