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Madama Roland. 133


altrove; non vi ha gran divario. Mi sarei fatto portare un istrumento (sonava benissimo il violino e la chitarra) se non avesssi temuto di dare scandalo; io abito una stanza di circa dieci piedi in quadro; quivi dietro le inferriate e i chiavistelli godo dell’indipendenza del pensiero, richiamo gli oggetti che mi son cari, e vivo più quieta con la mia coscienza che i miei oppressori con la loro signoria.

«No oso dirti, e tu sei il solo al mondo che possa apprezzarlo, che io non sono stata troppo dolente del mio arresto. Così avranno, pensava tra me, meno ira e furia contro Roland; se tentano alcun processo, io saprò sostenerlo in modo che gioverà alla gloria di lui; mi pareva di dargli così un compenso debito a’ suoi dispiaceri. Ma non vedi altresì che, stando sola, io vivo con te? — Così prigioniera, mi sagrifico al mio marito, mi serbo al mio amico; e i miei carnefici mi fanno conciliare il dovere e l’amore. Non mi compiangere.»

E il 3 luglio:

«Altera d’essere perseguitata in questo tempo che si proscrivono gli uomini probi e di carattere, io avrei, anche senza te, sostenuto con dignità la mia prigionia; ma tu me la rendi dolce e cara. I malvagi credono abbattermi tenendomi in ferri. Insensati! che m’importa abitare qua o là? Non vado dappertutto col mio cuore? E chiudermi in una prigione, non è darmi a lui in tutto?... — Mi son rimessa al disegno, studio l’inglese, leggo gli antichi, medito assai, e sento ancor più.»

E il 6 luglio:

«Io mi son fatto portare, or son quattro giorni, this