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Colà — a Scarperia — è arrestato, ma si reclama dal ministro sardo a Firenze, asserendosi a buon dritto ufficial superiore dell’armata piemontese, e dopo essere stato sostenuto prigione alcune ore, dietro ordine spedito espressamente dalla capitale, è rimesso in libertà e autorizzato a continuare il proprio viaggio.

Non potendosi imbarcare a Livorno, stretta d’assedio dal general d’Aspre, è costretto, per recarsi attraverso le Maremme a Civitavecchia, di passare nel bel mezzo del campo austriaco, e per maggiore fatalità, proprio dinanzi all’antico suo reggimento, usseri Re di Sardegna.

Non riconosciuto, gli è finalmente dato riporre il piede negli Stati piemontesi, e fissarsi a Torino per non più dipartirsene.

Eletto deputato al Parlamento nelle elezioni generali del 1853 dal collegio di Trecate, gli è riconfermato nel 1857, e dagli stessi elettori, il mandato, i quali non hanno che da lodarsi del contegno serbato dai loro rappresentante alla Camera, e dell’attivo ed efficace concorso ch’egli apporta all’illuminato e patriotico governo cui l’Italia va debitrice degli alti destini che s’ebbe, e di quelli anche più eccelsi ch’entro un breve lasso di tempo, giova sperarlo, le sarà dato di conseguire.

Quando i grandiosi e fausti avvenimenti dello scorso anno vennero a coronare in parte l’opera lenta e secura dell’italica redenzione, fin dal 1855 avviata da un sublime ministro e da un eroico monarca, l’Annoni fu inviato presso il commissario regio Farini in Modena, qual comandante generale delle truppe, che con alacrità degna della più alta lode si organizzavano, ond’esser parati ad ogni evento, in quella provincia e nella parmense.

Sopraggiunto poscia, allorchè il novello nucleo d’armati cominciava a prendere ragguardevoli proporzioni, il generale Cossato a ordinarlo, il conte di Cerro rimase presso di lui in qualità di capo dello stato maggior generale, e ciò fino al momento in cui, per secondare i patti di Villafranca e per lasciare che quelle popolazioni manifestassero spontanee e senza pur ombra