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ROMEO STEFANO

deputato.


Ebbe il giorno in San Stefano, provincia di Calabria Ultra Prima, nel settembre 1819 da Giuseppe e Maria Giuseppina Priolo.

Ammesso nel 1836 allo studio di medicina nell’università di Napoli, si ascrisse subito colà alla sola società che tentasse allora tradurre sul campo dell’azione le aspirazioni liberali. Addottoratosi nel 1841, tornò nella natia provincia, ove in unione di pochi altri diè opera a preparare un’insurrezione.

Imprigionato e tradotto a Napoli nel 1843, il Romeo rimase per alcun tempo chiuso nelle carceri, accusato di tutt’altro delitto, o, per meglio dire, di un troppo strano delitto, perchè noi non dobbiamo dare qualche spiegazione su tal proposito, onde il lettore concepisca un’idea ben chiara dei mezzi ai quali ricorreva il governo borbonico, onde soffocare i movimenti politici che scoppiavano nelle sue provincie.

Si fu un diplomatico straniero che avvertì Ferdinando, come nelle Calabrie esistesse una vasta congiura, della quale gli diè in mano le principali fila. Il re fece tosto chiamare a sè il generale Del Carretto, allora ministro della polizia, e il rimproverò di poca vigilanza, partecipandogli le comunicazioni ricevute dal diplomatico. Il Del Carretto rispose esser egli ben informato di ciò che accadeva in Calabria e sapere che alcuni cospiratori vi tentavano un movimento impossibile; ma che egli aveva creduto non esser affatto opportuno di dar loro maggior importanza di quello che ne avessero, col farli premurosamente arrestare, quasichè lo Stato potesse veramente essere in pericolo per il fatto loro, e onde anche sopratutto il popolo napoletano ignorasse che un’insurrezione fosse possibile in qualunque provincia del regno. Sembra allora che il re Ferdinando si tenesse pago delle spiegazioni fornitegli dal generale Del Carretto, e sopratutto delle sue assicurazioni ch’egli avrebbe modo di far sì che i col-