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È nato nel 1797 in Piacenza da Lodovico e da Annunciata Arati, essendogli zio quel Melchiorre Gioja, noto in Italia pei suoi vasti lavori filosofici ed economici.

Compiuti gli studî primordiali in patria, si recò a seguire le discipline legali nell’università di Parma, ove, assai giovane, nel 1818 riceveva la laurea. —

Nel 1821 essendosi mostrato uno dei più fervidi tra quelli che intensamente desideravano il conseguimento della libertà e dell’indipendenza d’Italia, fu dal governo parmense sottoposto a processo e chiuso per sette mesi in un carcere. — Restituito a libertà, riprese ad esercitare la professione sua d’avvocato, adoperandosi, per quanto lo consentivano i tempi, onde la di lui città nativa, nei cui consigli ebbe a sedere più volle come anziano, conseguisse i miglioramenti di cui, massime in fatto d’istruzione, sentiva gran bisogno.

Cessato nel 1848 il governo borbonico, il Gioja fu messo a capo di un reggimento provvisorio istituito in Piacenza il 26 marzo di quell’anno memorando. E sua prima cura fu quella di raccomandare l’annessione immediata al Piemonte, decretando a tal fine che si chiedessero i voti di tutti i cittadini, e si aprissero registri di soscrizione nelle città e nelle campagne. E l’annessione fu proclamata a voli unanimi, non montando a 100 i dissenzienti sopra circa 70,000 votanti.

Il Gioja, insieme al sindaco, fu incaricato di sottomettere il processo verbale di quell’alto solenne alla maestà di re Carlo Alberto, ch’era allora accampato nelle vicinanze di Verona.

Compiuta l’annessione e lo Stato parmense retto dal governo piemontese, il Gioja fu per due volte nominato deputato dal collegio di Piacenza, e mentre in questa qualità si trovava in Torino, gli fu il 29 luglio del 1848 confidato il portafoglio del ministero di grazia e giustizia, portafoglio ch’egli ritenne fino alla