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Sorto il 1848, il nostro protagonista figurò nella rivoluzione in qualità di commissario civile, onde organizzare la resistenza contro il governo borbonico, ridiventato assoluto e più che mai tirannico, dopo l’iniquo attentato del 15 maggio. Insieme agli avvocati Barba e Salerno, appartenne al comitato insurrezionale, e per quanto gli fu possibile si adoperò a mantenere nelle Calabrie quella generosa protesta armata mano. Ma spenta alfine la rivoluzione, il Doria venne sottoposto a cinque processi, fu costretto alla fuga ed a tenersi ascoso per 46 mesi, condannato ai ferri in contumacia, finchè nel 1852 fu compreso con molti altri in un decreto d’abolizione dell’azione penale.

Arrestato di nuovo nel 1854, sotto pretesto ch’egli cercasse di provocare un movimento insurrezionale, fu per oltre due mesi in prigione. Spuntato alfine il dì della liberazione del reame dal giogo borbonico, il Doria fu nel 1860 uno dei primi compagni del pro-dittatore Greco, cooperando insieme a lui alla grande opera dell’unificazione d’Italia.

Il collegio elettorale di Serra, volendo mostrare al Doria la propria riconoscenza pei supplizî ed i perigli da esso lui con nobile animo sopportati in pro della patria, lo ha eletto a proprio rappresentante in seno al primo Parlamento del regno d’Italia.





Ebbe i natali in Scrovi, provincia del Principato ulteriore, nell’anno 1805, da Giovanni Battista ed Anna Lombardi.

Studiò in Salerno, ove prese laurea in legge in quella già celebre università nell’anno 1829.

Si diè quindi all’esercizio della professione di patrocinante fino al momento in cui, scoppiata la rivoluzione del 1848, il Positano non fu certo l’ultimo a prendervi parte, sicchè quando il trionfo della reazione divenne completo, il governo non se l’ebbe a dimen-