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lo manifesta ai suoi più fidi, che si dichiarano pronti a seguirlo. Fra questi sono da menzionarsi Nino Bixio, Stocco, La Masa, Anfossi, Carini, Sirtori, Cairoli e l’indivisibile Türr.

Prima di partire lascia una lettera al Re, nella quale gli esprime l’imperiosa necessità che lo induce all’impresa, protestando non aver consigliato il movimento insurrezionale della Sicilia, ma che dal momento in cui questo era accaduto a nome di quell’unità italiana, di cui Vittorio Emanuele appunto era la personificazione, ei non poteva esitare a mettersi alla sua testa, sebbene riconoscesse l’impresa essere delle più perigliose.

Questa missiva, che è un modello di affezione devota, termina con queste espressive parole:

«Io non ho partecipato il mio progetto a V. M.; temeva intatti, che per la riverenza che Le professo V. M. non riuscisse a persuadermi d’abbandonarlo.»

La soscrizione per il milione di fucili, dallo stesso Garibaldi promossa, fornì il denaro necessario ai primordi della spedizione; i due vapori il Piemonte ed il Lombardo, tolti di nascosto alla società Rubattino, vennero caricati delle armi e delle munizioni necessarie, e sovra essi i mille intrepidi salparono alla volta dell’antica Trinacria.

Dinanzi all’Europa attonita, che non può credere a sì grande, a sì generoso ardimento, solcano le onde i due piroscafi, sfuggono mediante la prontezza e l’abilità delle loro manovre alla numerosa crociera napoletana, e giungono a gettare salvi, e già ardenti alla pugna, Garibaldi ed i suoi seguaci dinanzi a Marsala.

L’eroe, appena sbarcato, corre in ajuto di Palermo, e a misura che si avvicina alla nobile città, il suo pugno di prodi fa la palla di neve, aumentandosi ad ogni piè sospinto di quei Siciliani che già stringevano le armi in pugno contro il loro oppressore, o che anelavano l’occasione di farlo.

Non possiamo aggiunger qui la descrizione dei combattimenti e delle battaglie, mediante le quali l’eroico condottiero riuscì con pochi, ma valorosi guerrieri a vincere la resistenza di un’armata, numerosa, agguer-