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trice a Montevideo, ove a lei ed all’ardito suo capo furono fatte le più festose accoglienze; da quel momento essa incusse un tale terrore alle genti d’Oribe, che queste, quando se la vedevano calare addosso bajonetta in canna, non l’aspettavano mai, o se l’osavano talora, n’erano immanchevolmente travolte.

Più tardi, Garibaldi e il suo corpo, essendo di estrema retroguardia, al passaggio del fiume Boyada sostengono soli lo sforzo di tutta l’armata nemica e si coprono ancora di gloria.

Sì splendide azioni motivarono la seguente lettera, scritta d’officio dal generale Rivera a Garibaldi, lettera che noi riportiamo in intero in un colla risposta del liberatore delle Due Sicilie, onde si possa vedere che il di lui disinteresse, altrettanto sincero che assoluto, non data da jeri.

Ecco la lettera:


«Signore,

«Allorquando, l’anno scorso, feci dono all’onorevole legione francese, dono che venne accettato, come avrete saputo per mezzo dei giornali, d’una certa quantità di terre, io speravo che il caso dovesse condurre al mio quartier generale qualche ufficiale della legione italiana, che mi avrebbe così dato agio di appagare un desiderio ardente del mio cuore, mostrando alla legione italiana la stima che io nutro per lei a cagione degl’importanti servigi resi dai vostri compagni alla repubblica, nella guerra che sostenghiamo contro la forza armata d’invasione di Buenos-Ayres.

«Per non differire più a lungo ciò ch’io riguardo come il compimento d’un sacro dovere, acchiudo col più gran piacere nella presente un atto della donazione che faccio all’illustre e valorosa legione italiana qual sincero pegno della personale mia riconoscenza per gli eminenti servigi da quel corpo resi alla mia patria.

«Il dono è certo inferiore a tali servigî, nè pari a quello che bramerei si facesse, e tuttavia io spero non rifiutiate d’offrirlo in nome mio ai vostri camerati, informandoli del mio buon volere, non che della grati-