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Nell’aprile del 1825, dal conte Antonio e dalla marchesa Violante Albergati-Capocelli di Bologna, nacque Cesare Albicini in Forlì, dove, compiti gli studî preparatorî, si recò adolescente ad apprendere legge nell’università di Bologna.

Addottoratosi nel 1847, rientrò in patria, tolse moglie, e nella quiete della vita di famiglia si applicò a severi studi di storia ed economia politica, conscio degli alti venturi destini della patria italiana, e dei doveri che questi destini imponevano ad ogni buon cittadino.

La sua condotta raccolta e dignitosa — lo Albicini si astenne sempre dall’accettare verun ufficio od incarico sotto il governo pontificio — la sua capacità e la sua istruzione, gli fruttarono la stima e la fiducia de’ suoi compatrioti, sicchè nel giugno 1859 ei fu dapprima eletto a membro della Giunta provvisoria di governo in Forlì, poscia nominato a far parie di quella deputazione delle Romagne che si recò al campo delle armate alleate ad offrire la dittatura al re Vittorio Emmanuele.

Questa deputazione, dopo essere stata graziosamente accolta dal Primo Soldato dell’indipendenza nazionale, recavasi anche ad ossequiare l’Imperatore de’ Francesi, che l’accoglieva pure con estrema benignità.

— È egli vero, chiese Napoleone III con un tal sorriso che ai deputati romagnoli parve molto espressivo, che il moto rivoluzionario compitosi ne’ vostri paesi debbasi attribuire alle mene piemontesi?

— Oh no, sire; no, noi risposero ad una voce i Pepoli, gli Albicini, i Rasponi; egli è stato spontaneo ed unanime!

L’Imperatore assentì del capo, quasi avesse voluto dire: ben mel sapeva; poscia soggiunse: — Armatevi! armatevi!

E i deputati, traendo buon augurio da quell’acco-