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mato, mediante un decreto che portava già la firma dell’imperatore.

Si fu nel 1837 che, proposto dal consiglio comunale di Milano a podestà della capitale lombarda, e nominato a quell’insigne carica dal sovrano austriaco, il Casati, cui stava sommamente a cuore il bene del proprio paese, non credette dover declinare quel sommo ufficio.

Un sublime ed utilissimo scopo prefiggevasi il nostro protagonista: quello di rialzare il più che per lui si potesse la rappresentanza municipale, unico avanzo, in quei tempi, di nazionali magistrature, affinchè il popolo, in caso di vicende politiche sapesse a qual punto rivolger gli sguardi, e intorno a chi raccogliersi ed ordinarsi.

Dal 13 novembre di quell’istess’anno, giorno in cui il Casati entrò in funzioni, può veramente dirsi incominci la di lui vita politica.

Ognun comprende che non ci è dato rifare in queste pagine l’istoria di quei tempi; ci limiteremo a dire che il conte Gabrio, conscio della rilevanza dell’assuntosi incarico, mise ogni suo studio a trarne tutto quel maggior partito che gli fosse dato cavarne a vantaggio, non solo della città, ma della gran causa nazionale. Non cedendo mai ad esigenze governative contrarie agl’interessi de’ suoi amministrati, prese a far sordamente ai dominatori stranieri un’opposizione ferma e costante, ch’ei sapeva contenere nei limiti della legalità onde potesse venir continuata.

Nè questo era tutto; chè, guardando più lungi, il Casati volle adoperarsi a fare iscomparire tutte le rivalità di municipio, sì funeste all’Italia, e colta la circostanza dell’incoronazione di Ferdinando, avvenuta in Milano nel 1838, fraternizzò con tutte le deputazioni comunali del regno, e sopra ogni altra con quella di Venezia, la quale infino a quel punto si era mostrata assai schiva di entrare in rapporti d’intimità colla civica rappresentanza della metropoli di Lombardia.

L’intelligenza che ne derivò fra il podestà di Milano e quello della regina dell’Adria fu così buona,