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Costituitosi un governo provvisorio a Cesena, il Finali fu tosto chiamato a farne parte; ma ei non potè partir subito per alla volta della sua città natale, che anelava pur tanto di rivedere, mentre imperiose e rilevanti cure il ritenevano a Torino. Appena disbrigato da queste, volò colà, ma non dovette rimanervi a lungo chè ricevette pressante invito di recarsi a Bologna, a reggervi il gabinetto del governatore delle Romagne.

In questo incarico, che non mancava, come ognun sel può credere, d’importanza e di difficoltà, rimase il Finali fino al settembre, epoca in cui il 5.° collegio di Cesena lo deputò a suo rappresentante in seno all’Assemblea dell’Emilia.

Sulle savie e patriottiche deliberazioni di quel Parlamento il nostro protagonista pubblicò una memoria, che ne riassume con molta chiarezza ed ordine la sostanza.

Cessato il governo delle Romagne e costituito quello dell’Emilia, il Finali fu chiamato a far parte del gabinetto del ministro dell’interno, impiego al quale volle rinunciare per accettare la candidatura del 2.° collegio di Cesena, che nell’aprile ultimo decorso lo elesse quasi all’unanimità a proprio deputato presso il primo Parlamento del nuovo regno.

L’avvocato Finali ha già varie volte nella breve sessione trascorsa presa la parola e richiamata e cattivata a sè l’attenzione della Camera. Il suo modo di porgere è de’ più aggradevoli, l’accentuazione delle più nette e omogenee, sobrio il gesto, l’espressione del volto animata, e tale da eccitare propensione in chi l’ode. La sua maniera d’argomentare è logica e convincente; il frizzo — questa grand’arma dell’oratore, quando sia usata parcamente e a proposito — cade spontaneo e opportuno dalle sue labbra, infine la sua facondia non è oziosa, ma va dritta verso lo scopo, che sa raggiungere senza divagamenti o esitanza.

Queste invidiabili qualità, in parte naturali e in parte acquisite, aggiunte ad un solido fondo di cognizioni, fanno fin da questo momento presagire, senza tema d’andare errati, che il giovine deputato di Cesena,