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lei altare farle sacrificio de’ benefici ch’ei ritraeva dall’esercizio della sua professione.

Appena assunto l’ufficio di segretario generale della giunta di governo, vide il Borgatti immantinente che due gravi difficoltà, le quali era d’uopo a qualunque costo di superare, stavano innanzi ai reggitori del novello Stato: prima era quella di stabilire in plausibile guisa l’impianto di un governo centrale, là dove per l’innanzi tal governo non era mai esistito; seconda, quella di sopprimere senza interne scosse od agitazioni di sorta tutte le giunte governative che si erano costituite nei capo-luoghi di provincia e di distretto, concentrando la loro azione e le loro attribuzioni nelle mani della giunta bolognese.

Le cure e l’abilità del nostro protagonista non giovarono poco a far sì che tali difficoltà venissero chetamente appianate, e che il governo delle Romagne, tanto sotto la giunta, quanto sotto il regio commissario straordinario D’Azeglio, e il di lui sostituto Falicon, non che sotto il colonnello Cipriani si distinguesse per la semplicità ed economia della sua amministrazione, di modo che lo si ricorda anche oggidì come modello d’ordine, d’esattezza e di sollecitudine nell’oculato disbrigo degli affari. Cessata la giunta di Bologna, è duopo avvertire che il Borgatti disimpegnò interinalmente le funzioni di segretario generale del governo e del ministero dell’interno, non avendo altro ajuto che quello di due soli segretarî subalterni.

Una volta cessato il governo delle Romagne, il nostro protagonista domandò d’essere dispensato da ogni ingerenza politica ed amministrativa; allora si fu che gli venne con molta cortesia d’espressioni offerto il posto di consigliere della Corte di cassazione sedente in Bologna, posto che venne dal Borgatti di buon grado accettato. Crediamo far cosa grata al lettore citando le parole colle quali il Farini, governatore dell’Emilia, chiudeva il dispaccio col quale partecipava al nuovo consigliere la sua nomina:

«Ma io non posso lasciare, così si esprime quel documento, ch’ella cessi dall’esercizio delle funzioni politiche ed amministrative, che sinora le rimasero