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parizione del potere temporale dallo spirituale debba riuscire sommamente vantaggiosa all’Italia, senza d’altronde far danno alla religione, la quale anzi ritrarrebbe da tal separazione immenso profitto, passò a combattere l’opinion di coloro che proclamano l’indivisibilità dei due poteri, col mostrarla contraria alla ragione, e contraddetta dal fatto dei primi secoli della Chiesa. Provò in quella vece la loro incompatibilità, traendo anche argomento dallo Statuto dato da Pio IX ai Romani, e dalla di lui condotta politica. Mostrò pure che chi sostiene l’indivisibilità dei due poteri profana la religione di Cristo, facendone una dipendenza ed un accessorio del potere temporale ed equiparando alla durata instabile del monarcato la durala del pontificato, che per fede hassi a credere debba sussistere sino alla consumazione de’ secoli.

Poscia, prendendo a disamina i due famosi motivi invocati da Pio IX nella protesta di Gaeta, tolse a confutarli, sostenendo a buon dritto che il possesso qualunque ei sia non può mai recar pregiudizio di sorta alla sovranità del popolo, inalienabile di natura sua ed inviolabile; ed osservò che se il possesso è basato sull’assentimento della sovranità popolare, oltre il termine assegnatogli da tale assentimento non può durare legittimo; che se per contro s’appoggia sulla forza materiale, è allora illegittimo, violento, dura solo finchè dura la forza che lo mantiene, non dissimile in ciò da quel possesso che lo straniero tenta a ogni patto di conservare in Italia, e che gl’Italiani colla santità del diritto s’adoperano quanto meglio sanno a ritorgli.

Finì quindi col combattere vittoriosamente l’obbietto: il dominio della Santa Sede rendersi necessario o indispensabile nell’ordine presente di Provvidenza pel libero esercizio dell’apostolato cattolico, adducendo a principale argomento, come il pontefice nulla abbia a temere dell’opera di governi inciviliti e liberi, e da popoli che abbattono il dispotismo per governarsi appunto, non colla forza, ma colla ragione, prendendo a norma dei loro atti le sublimi prescrizioni di quel medesimo Evangelio cui incombe al vicario di Cri-