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Avvenne così che Cosenz fosse uno tra gli ufficiali scelti dal general Pepe, per accorrere sui campi della Lombardia a portare un valido aiuto, alle armi di quel cavalleresco e patriottico regnante, che aveva nome Carlo Alberto.

Noi non rifaremo qui la dolorosa e vituperevole istoria del tradimento e della slealtà di Ferdinando II. il quale pretendeva, con quell’abbietto spergiuro, far atto di accorta politica, e cavarsi dal regno molti uomini ch’ei si stimava a ragione avversi, e che un giorno potevano imporgli legge colla spada alla mano.

Questi atti di bassa perfidia, se riescono taluna volta a produrre un vantaggio in favore di chi li commette, prima o poi, ridondano a più grave suo danno; e quel trono, da Ferdinando Il sostenuto in piedi con sì abbominevoli mezzi, vacilla e si rovescia sotto al di lui erede Francesco II.

Il Cosenz seguì il Pepe con quei pochi valorosi suoi commilitoni, i quali risposero collo sprezzo, alle minacce del re di Napoli, e disubbidirono al tiranno, per obbedire alla patria.

Costoro furono accolti a braccia aperte, come compagni di sventure e di prove di valore, dai Veneti, che gli Austriaci stavano già per istringere nella città regina dell’Adria, la quale alle tante sue glorie passate, doveva aggiungere una gloria novella respingendo

mediante l’appoggio dei soli suoi figli, e di pochi altri generosi Italiani, che come Cosenz erano accorsi da varî lati della penisola, per lunghi mesi, l’attacco delle numerose, agguerrite e munitissime schiere dell’Austria.

Caduta Venezia, il Cosenz visse l’amara vita dell’esule, e non fu che nel 1859, quando Garibaldi orga nizzò i suoi cacciatori dell’Alpi, ch’ei potè ricinger la spada, e avere un importante comando in quella falange di prodi.

Nel 1860 il Cosenz fu pure con Garibaldi in Sicilia, e quindi sul Volturno. Più tardi quando accadeva la fusione dei quadri dell’esercito meridionale, in quelli dell’armata regolare, il Cosenz si conservò il grado da lui così meritamente, e valorosamente acquistato, di luogotenente generale.