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siero che, preso dal tipografo Ferrando fu da lui ceduto ai Mazziniani che in que’ di presumevano di salvare essi soli la patria tradita, dicevano, da tutto il mondo: il quale Ferrando poi nel 50 stampò la Gazzetta Popolare in cui io le dottrine del coltello e della calunnia fieramente combattetti.

II Buffa era divenuto ministro e nelle agitazioni di Genova era andato colà con pieni poteri a quietare e assestare. Elena si stette al largo da lui; io lo visitavo spesso, e mi dolevo, che intemperanze d’infuocati, che negavano ogni ragione, gl’impedissero il bene che aveva di netto in animo a fare. Lo aiutai io assistendo alle sedute del Circolo rivoluzionario, e stampando nel Censore (che assunsi e scrissi tutto da me) le confutazioni di tutti gli errori che minacciavano di trarre la città a perdizione. Primo io in Italia a dare scritture pubbliche a si basso prezzo che ogni persona potesse procurarsele. Quel Censore faticava i torchi a tal segno chela gente se lo prendeva dalle mani, e come speculatori indegni non mancarono mai, un venditore libraio riceveva da me l’agio del vendere e il premio, e con tutto ciò incariva i fogli quanto più cresceva la ricerca. Si sarebbe detto che voleva col caro allontanare e diminuire i lettori se l’ingordigia del guadagno non fosse stata più che palese. Provvidi io ad altri mezzi e il buon agio mantenne la diffusione.

Quelle scritture aiutarono a voltare l’opinione in favorevole al Buffa, e me ne rimase grato, ma presto dovette ritornare a Torino che si rompeva la tregua.

Siete voi provveduti? gli chiedevo io. — No, rispondeva. — Ma, andate incontro a certa sconfitta! — Cosi si vuole, soggiungeva, da ingannatori e ingannati, non possiamo esimerci. - Eppur si vinceva, senza gli avversi alla monarchia. Dopo il disastro di Novara, Buffa ministro, Depretis e Lanza che furono ministri da poi, protestarono contro l’esercito; io feci la mia parte nel Censore, di che poi si tenne a me il broncio che non si tenne a coloro. Elena che ai comizi elettivi era stato fatto consigliere del Comune di Genova prese buona parte a salvare la città dalle conseguenze l’errori che si moltiplicavano dalle autorità inette in un fermento