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della città; di più si sa che mediante una generosità di cui non si hanno che troppo rari esempi impiega non soltanto gli emolumenti che gli si retribuiscono nella sua qualità di sindaco, ma buona porzione ancora delle proprie sue rendite in opere di beneficenza e nelle splendide feste ch’ei dà in sua casa e che riescono, come abbiamo avuto occasione di dire più sopra, brillantissime e frequentatissime.


senatore.


Molto volentieri vergo memoria che riguardi la persona di Domenico Elena senatore, per ciò che è di quegli uomini che se hanno onore e fama di dotti e savi, a se ne debbano e non ad altrui, e possono servire di esempio imitabile a coloro che sentono doveroso e buono educare l’intelletto e l’animo a fine di rendersi atti a prestare opera utile al loro paese.

Domenico Elena conta cinquantadue anni; nacque a Genova da famiglia tra le prime della mercatura grande, ma da cui si era da alcun tempo smessa; studiò nelle solite scuole di preti e di frati, poi frequentò vari corsi di scienze all’Università come uditore, gran mercè in quella città per quel tempo a un figlio di negoziante. Gli scritti di economia politica del Romagnosi cadutigli fra mano lo inchinarono a quello scibile, e com’era senza direzione nel suo desiderio d’istruirsi conobbe allora la via che dovea percorrere. I negozianti genovesi studiano le lingue, l’Elena aveva imparato l’inglese e lo parlava, diè dentro agli scrittori britannici che di quella scienza erano famosi, e volle anzitutto conoscere la terra italica dalla quale tanta civiltà si era sparsa nel mondo, e se allora pareva ancella delle altre nazioni gli sembrava non aver dovuto perdere tutto della sua abilità al potere. Visitò le principali città, ma Roma non vide, che è tanto difforme di popolo e di costumi da tutte l’al-