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«Vengono due altri articoli i quali sono della più facile intelligenza, quando si ricordi quello che io ho detto, cioè che lo scopo pratico del trattato è di continuare l’esperienza sulla possibilità del potere temporale.

«Pare adunque chiaro che i due contraenti si sono intesi fra di loro per dire: noi vogliamo provare al mondo cattolico che le nostre intenzioni sono leali, sono rette, che l’Italia ha accettato quest’esperimento e che si dispone a compierlo con tutta puntualità, come avrebbe fatto la Francia; che in conseguenza accetta tutte quelle condizioni che lo scopo medesimo del trattato può indicare.

«Osservate bene, voi non vedete nel trattato il so lito carattere delle convenzioni particolari, cioè una premura di negoziare e di mercanteggiare ciascuno per suo profitto ed interesse.

«Voi vedete invece nella Convenzione due amici due persone che s’intendono per uno scopo quasi esterno e disinteressato, e cercano i mezzi per meglio raggiungere quello scopo; Italia e Francia in quella ricerca invocano a testimonio ed a giudice il mondo cattolico, innanzi a cui intendono di prender un novello impegno, e dicono: ecco la esperienza del poter temporale si farà tuttavia e si farà lealmente, non sarà dunque colpa di nessuno di noi, laddove la prova non riesca.

«Ma come ci entra in tutto questo, mi sento dire da molti come ci entra in tutto questo il trasporto della capitale? Che ha da far questa clausola novella? Come si può credere anche essa necessaria allo scopo pratico della Convenzione?

«Signori, se un momento di sciagurati equivoci, un momento di inesplicabile sorpresa non avesse attristata questa nobile città, io credo che noi faremmo questa disputa colla massima serenità e tranquillità d’animo, io mi immaginavo che noi discuteremmo di di questa gran questione come se nulla turbasse i nostri giudizii .

«Nel fatto non vi è cosa più chiara, più semplice di questa clausola del protocollo. Permettetemi dun-