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fatto delle persone o delle cose, che per cagioni interne od esterne non potesse più procedere nella via delle riforme, se fosse costretto a sostare, ad arrestarsi nello statu quo, deporrebbe immediatamente il potere.»

Notiamo questi successivi incidenti siccome quelli che mostrano il continuo ravvicinarsi dei due centri e la preparazione del connubio, il quale perciò allorquando si compiette, non doveva più essere una sorpresa per alcuno. Difatto un semplice convegno tenuto fra Cavour e Rattazzi bastò a farli intesi. Non mancava più che un’occasione in cui l’alleanza dei due centri fosse pubblicamente confessata e consumata.

Tale occasione l’offerse il colpo di Stato compiutosi in Francia da Luigi Napoleone. La crisi avvenuta in quel paese fece sentire i suoi effetti in tutta l’Europa, come ordinariamente succede d’ogni commozione della Francia. L’Austria ne prese tosto argomento per cercare di nuocere le libertà che andavansi radicando nel nostro Piemonte e propose al dittatore napoleonide di accordarsi con lei per ottenere da questo qualche provvedimento in tal senso. Napoleone non volle associarsi a siffatta proposta; ma direttamente per mezzo del suo ambasciatore a Torino consigliava molta prudenza e grande cautela nel raffrenare gli scarti della stampa. Che cosa volessero significare quei consigli era facile troppo a comprendere; e il 17 dicembre del 1851 il ministro guardasigilli Deforesta introduceva nella camera un progetto di legge diretto a punire più energicamente le offese recate dalla stampa ai sovrani esteri.

Era questa una concessione comandata dalla necessità, ma che non lasciava di affliggere il partito liberale. A rassicurare quindi il paese che se il governo ubbidiva alle leggi di prudenza imposte da riguardi di buon vicinato e da condizioni internazionali, non intendeva però mettere il piede nella via della reazione, conveniva dargli qualche pegno di una ferma risoluzione, non solo nel mantenere integre, ma sì pure nello svolgere vigorosamente le nostre libertà costituzionali.

Convinto di ciò il conte di Cavour, a malgrado dei