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La famiglia, alla quale appartiene il marchese Gino, è una delle più illustri non di Firenze e della Toscana soltanto, ma d’Italia e d’Europa.

I Capponi son della schiatta di quei patrizi fiorentini, contemporanei e competitori dei Medici, dei Pazzi, dei Peruzzi, degli Strozzi e dei Ricci, ch’esercitarono una così grande influenza nelle pubbliche faccende dell’altissimo municipio, e furono alternativamente severi e probi magistrati e valorosi ed abili capitani di guerra.

Ognuna di quelle famiglie ha le speciali sue glorie; quella di cui sono a buon diritto fieri i Capponi è il motto sublime gettato da uno dei loro più nobili antenati, l’immortale Piero, a Carlo VIII di Francia, lorchè il re straniero, entrato quasi per sorpresa in Firenze, e pretendendo perciò averne fatta la conquista, voleva sottomettere a durissime condizioni la patria di Dante.

Il Capponi alla testa della magistratura municipale gli stracciò sul viso la scritta ove stavano registrati gli umilianti patti e fè mostra d’andarsene gridandogli: «Quando così, voi suonerete le vostre trombe e noi le nostre campane!» Fermezza e presenza di spirito ammirabile che trionfarono dell’albagia dell’invasore e lo ridussero a più miti consigli.

Il marchese Gino Capponi non è degenere da tanto eroe. — Ai sentimenti di patriottismo il più puro, egli congiunge quelli dell’ottimo padre di famiglia e del filantropico cittadino.

Dotato di qualità intellettuali della più grande levatura ha fatto studi profondi tanto che si è trovato in grado di sostenere degnamente le più alte cariche dello Stato.

Si sa l’importantissima parte ch’egli ebbe negli avvenimenti politici del 1848. Presidente del Consiglio