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professori, che lo attendevano agli esami per umiliarlo.

Arrivò il giorno delle prove finali e il cavalier Bichi era di poco entrato nel diciannovesimo suo anno quando fu laureato dottore con diploma del 1.° luglio 1829.

Per compiacere al proprio genitore, esperto giurisconsulto, esercitò in Pietrasanta la professione legale, ma non prese a patrocinare altre cause che quelle dei poveri.

Arriva il luglio del 1830, e quando le tre immortali giornate ebbero rovesciato e infranto quel borbonico trono che la Santa Alleanza aveva turpemente racconciato in Francia, il Bichi, che nelle grandi riforme del popolo francese uso era a discernere il principio universale, salutò quella stupenda rivoluzione come foriera del riscatto d’Italia. Non egli aspettò che la gente rispondesse al grido di libertà; lo sentiva onnipossente dentro sè stesso, comprese che il tempo d’agire era venuto, corse a Firenze, traversò i confini toscani, e impiegò l’opera sua in arditi e decisivi apparecchi.

Nel 1831, infatti, sebbene nelle provincie di Toscana si fosse molto rallentata la fiducia nel principio del non-intervento messo innanzi dai ministri di Luigi-Filippo, veggiamo il nostro protagonista risolutamente lasciar da banda i troppo prudenti ed avverare colla sua fermezza la grande idea del sacrifizio personale.

Dicono che vi fu qualche cosa di temerario nella fede ch’egli ebbe in sè stesso e in quelle poche braccia che si destinavano a porgergli aiuto. Noi, senza proferir giudizio sugli ardimentosi casi di quell’epoca, diciamo che questo sentirsi più potente del numero e più allo della sventura, quando la sventura ci coglie, è una grande dote che se nei passati conflitti non fu di vantaggio immediato, fece pur sempre avanzare l’Italia verso la propria meta.

Fallite le speranze di quel memorabile anno, il Bichi è arrestato in Pietrasanta. Due giorni dopo vengono ordini da Firenze d’arrestare anche il fratello e di fare perquisizioni in casa Bichi; ma il di lui fratello non dormiva; fu trovato riparo a tutto, nè restò traccia di quanto mai poteva esser distrutto. Essendo dunque riuscita vana la perquisizione, il vicario regio, av-