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le forme squisite di uno stile e di una lingua ammirabili.

Il suo patriotismo e le calde sue aspirazioni verso l’unità nazionale, lo hanno messo di buon’ora in contatto cogli uomini i più chiari per merito e i più nobili di cuore che la Toscana possieda. Nomineremo i Torrigiani, i Capponi, i Ridolfi, i Ricasoli. Quando gli avvenimenti politici del 1859 ebbero aperto un vasto orizzonte ai più distinti tra gl’italiani, il Giorgini prese parte attiva alle faccende del proprio paese, dapprima, quindi, compiuta l’annessione di esso al Piemonte, fu eletto deputato successivamente nelle due elezioni generali del 1860-61.

La Camera non tardò ad apprezzare le qualità del Giorgini, e l’attività soprattutto colla quale egli si adoperava a prender parte agl’importanti lavori parlamentari. E il Giorgini n’ebbe una prova evidente, nell’essere chiamato bene spesso a sedere nelle sue commissioni, essendone anche di frequente scelto a relatore. Ci basterà ricordar in questa circostanza, come la Camera per pubblica decisione affidasse al Giorgini l’onorevolissimo incarico di redigere l’indirizzo mediante il quale s’invitava S. M. Vittorio Emanuele II ad assumere per sè ed a legare ai suoi discendenti il magnifico titolo e la più splendida autorità di re d’Italia.

Inutile dire che il Giorgini è sempre stato uno dei più saldi campioni di quella maggioranza, che ha appoggiato volta a volta i Cavour, i Ricasoli e i Peruzzi. Conciliatore sempre, ma fermo nelle proprie opinioni, il Giorgini, modesto quanto altri mai, può citarsi ad esempio agli uomini i quali vogliono giovare al paese e mantenersi ognora in una via che il più acerbo tra i nemici non possa, se non calunniando, biasimare.