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cipe, e s’ignorava il fine, che io da Firenze avvisai a Pellegrini; poi andossene il duca e il resto della famiglia. Votossi la dedizione a Carl’Alberto, e Sanvitale con Nicolosi magistrato e Maestri portò il decreto a Sommacampagna a quel principe che incominciava la libertà d’Italia; così Parma quietava.

Ma le armi albertine, e dovrei dire italiche, infortunarono e il Borbone tornò. Abdicò il padre, ma decretò esilio e quasi confisca de’ governatori sotto colore di male speso denaro, sotto menzogna di giudizio, che mai non fu; infamia che nel 31 la duchessa austriaca evitò rispettando il Maestrato che per sua legge esisteva. Il quale Maestrato, con esempio unico da’ secoli assolvendo i rivoltosi contro il suo governo, essendo biasimato amaramente a lei, Essa umanamente fece muti i zelanti pronunciando le memorabili parole: «Ne sono contenta: tanto meglio per loro e per le loro famiglie». Carlo III fece eseguire, direbbesi rabbiosamente, il rabbioso decreto del padre dimissionario, nè valsero le pubbliche censure di lord Palmerston a metterlo in rispetto, e quanto al Sanvitale, più percosse e straziò; e più tardi non mancossi d’insidiarlo nella casa di Fontanellato ov’erasi ritratta la consorte e così dannarla, se si fosse potuto, come rea di Stato, e cacciarla spoglia di tutto a far compagnia al marito. Il Conte erosi fermato in Piemonte, creato senatore e dispensato per a tempo dall’uffizio, sopportò rassegnato, ma fermo, il destino che la tirannide rabbiosa gli infliggeva, e nel suo avere e nella sua famiglia. Come nel 48 era presidente del comitato che attendeva nella capitale del regno subalpino ad afforzare le annessioni dei popoli dei Ducati, e poi adoperavasi a tener vivo il fuoco sacro che si volea pure spegnere dai ristorati, non è maraviglia se assoluti dai duca gli altri, rimanesse il Sanvitale (e il prof. Pellegrini) odioso e stremo.

Ma finalmente Carlo III finì la vita e Sanvitale potè riavere il suo e rimpatriare. Tanti benefizii e pubblici e privati alla sua città, e servigi onorati alle lettere gentili e alle severe, tanta perdita del suo avere, tante sollecitudini in pro della politica italiana, tante ango-